Hai appena trovato una patata germogliata nel fondo del cassetto delle verdure e ti chiedi se dovresti organizzare un funerale… o la cena? Niente panico: la scienza smonta molti miti (ma non tutti) e ci insegna come convivere serenamente con queste comuni presenze nelle nostre cucine.
La temibile solanina: cos’è e dove si nasconde?
La patata, introdotta in Francia da Antoine-Augustin Parmentier e adorata da milioni di italiani, a volte può riservare qualche imprevisto. A causare timori è la solanina, una tossina della famiglia delle saponine. Ma è davvero così pericolosa?
In realtà, le intossicazioni da solanina sono piuttosto rare, considerando il largo consumo che ne facciamo. Secondo un articolo pubblicato nel 1979 dalla United States National Library of Medicine, sono stati registrati 78 casi di intossicazione tra studenti inglesi che avevano mangiato patate a pranzo; di questi, 17 ragazzi sono stati ricoverati in ospedale. I sintomi? Coincidevano perfettamente con un’intossicazione da solanina: disturbi gastrointestinali, circolatori, neurologici e dermatologici.
La solanina è un glucoside alcaloide (GA) presente soprattutto nei fiori, nelle foglie, nei germogli e nella buccia della patata, ma anche – seppur in misura minore – nel tubero stesso. Il suo ruolo naturale è proteggere la pianta da funghi e insetti. Tuttavia, alcuni fattori come la genetica, le condizioni di stoccaggio, l’esposizione alla luce o i traumi subiti durante la raccolta, possono aumentare notevolmente la quantità di solanina. Un sapore amaro marcato o una sensazione di bruciore in bocca possono essere campanelli d’allarme.
Quando le patate diventano davvero rischiose?
Le patate possono diventare tossiche e inadatte al consumo soprattutto quando assumono un colore verde dopo essere state esposte al sole e quando se ne mangiano grandi quantità. La ragione di tutto? Ovviamente la solanina, presente anche in pomodori e melanzane.
Stando a quanto riportato dal dottor Pierre Francès, dosi tra 3 e 6 mg/kg di peso corporeo possono risultare fatali. Fortunatamente, la concentrazione di solanina nelle patate è davvero bassa: bisognerebbe mangiare diversi chili in un solo pasto per correre un vero pericolo! D’altro canto, sarebbe molto più facile arrendersi a un minestrone gigante che affrontare un avvelenamento…
I sintomi dell’intossicazione da solanina compaiono in genere tra sette e quattordici ore dopo l’ingestione e possono manifestarsi con vomito, cefalee, diarrea. Dal punto di vista clinico, spiega sempre il dottor Francès, la solanina agisce inibendo l’acetilcolinesterasi e danneggiando le membrane cellulari, influenzando così l’assorbimento intestinale. Possono comparire sintomi come:
- Disturbi orofaringei
- Sudorazione intensa
- Nausea, vomito, mal di testa
- Diarrea, febbre, malessere
- Perdita di conoscenza, difficoltà respiratoria
- Allucinazioni, agitazione, sensazione di ubriachezza
Prevenzione e buone pratiche in cucina
La prima regola d’oro? Sbucciare accuratamente le patate. Così facendo si elimina praticamente tutta la solanina. Attenzione: la cottura, di solito, non basta a neutralizzarla, perché scompare solo a temperature superiori o uguali a 243°C. E a meno che tu non abbia un reattore nucleare al posto del forno, meglio affidarsi al pelapatate!
Se la tua patata è un po’ raggrinzita e meno fresca, nessuna paura: anche in questo caso, il rischio intossicazione è basso. Tuttavia, la qualità nutritiva sarà un po’ compromessa.
Per evitare che le patate germoglino troppo in fretta:
- Non lavarle prima di conservarle: la terra le protegge!
- Tienile in un luogo asciutto e buio, come una cantina o una dispensa, meglio se in un sacco di tela.
Non solo patate: solanina e altri ortaggi
Oltre alle patate, la solanina si trova anche in melanzane e pomodori. Ma c’è una buona notizia: la tossina scompare quando frutti e tuberi raggiungono la maturazione. I giardinieri di Pas à Pas, a Hoeilaart vicino Bruxelles, confermano che anche mangiando un pomodoro verde non si rischia nulla di grave, a meno che non si esageri con le quantità.
In sintesi: la patata germogliata non è il mostro del frigorifero. Serve solo un po’ di attenzione, qualche buona abitudine e, soprattutto, la voglia di godersi il meglio della natura. Quindi, la prossima volta che trovi una patata con qualche “antenna”, sorridi: ora sai come affrontarla con serenità… e magari anche con una ricetta nuova!